[116] Alessandro Bausani (e Lidia
Zamenhof)
Alessandro Bausani (1921-1988), orientalista e storico delle religioni, è considerato uno dei massimi studiosi italiani dell’Islam. Fu un incredibile conoscitore di lingue, oltre una trentina, fra cui quelle più importanti del mondo occidentale (ma anche l’albanese e il maltese) e del mondo islamico (arabo, persiano, turco, indonesiano, urdu, pashto) ma anche la lingua pasquense e quella dei nativi americani cherokee; fu pure artefice di una lingua artificiale [> 43; 117], il markusko. L’incontro con le religioni e le filosofie orientali, insieme ad un personale travaglio spirituale, lo portarono nel 1947 ad avvicinarsi alla fede Baha’i attraverso il contatto con due dei suoi pionieri in Italia, Philip Amalfi Marangella e Ugo Giachery: quest’ultimo guidava la comunità di Roma nel 1950 quando Bausani decise di convertirsi a questa religione.
La fede Bahà’i è la più giovane fra le religioni indipendenti del mondo; il suo fondatore, Baha’u’llah (1817-1892), è considerato dai fedeli inviato di Dio per la nostra epoca, il più recente di una serie di Messaggeri divini che risale alla Preistoria, include Abramo, Mosè, Buddha, Krishna, Zoroastro, Cristo e Muhammad, e proseguirà nel futuro. Fra i principi della fede Baha’i troviamo la ricerca indipendente della verità, l’unità dell’interea razza umana, l’unità di tutte le religioni, l’armonia tra scienza e religione, la condanna di ogni forma di pregiudizio, l’abolizione degli estremi di povertà e ricchezza, l’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, l’istruzione obbligatoria universale, l’istituzione di un tribunale mondiale, e l’adozione di una lingua universale ausiliaria che sia in grado di generare una comunicazione paritaria tra tutti i popoli e le Nazioni. È fin da questi punti evidente quanto in comune abbiano Baha’ismo ed esperanto: lo stesso Bausani notava che “la sua patria [della fede Baha’i] è il mondo, il suo prossimo l’umanità intera”. Nelle parole stesse di Baha’u’llah,
O, in quelle di Shogi Effendi (nipote e successore di Baha’u’llah),
La tensione verso un unico linguaggio non è dunque un aspetto
marginale, bensì parte essenziale della realizzazione della fede e
della pace universale: a sua volta, la lingua universale può avviare la
ricerca per una concreta unione di tutti gli uomini, in tutte le
Nazioni esistenti. Ricordiamo ancora le parole di Baha’u’llah
sull’importanza di una lingua
internazionale:
Tutto ciò è obbligatorio e assolutamente essenziale. Incombe ad ogni uomo illuminato e perspicace cercare di mettere in atto ciò che è stato scritto.
Fu il figlio e successore di Baha’u’llah, Abdu’l’baha, che durante i
suoi numerosi viaggi in Europa e Stati Uniti entrò in contatto con
numerose persone, culture, idee diverse, compresi (nel 1913) gruppi di
esperantisti inglesi. Lui e Zamenhof non ebbero mai occasione
d’incontrarsi, ma il secondo era venuto a conoscenza della fede Baha’i
ed ebbe a scrivere:
A sua volta, Baha’u’llah invitava i fedeli ad avvicinarsi all’esperanto:
Pioniere anche degli studi sulla fede Baha’i nel nostro Paese
(culminati nei Saggi sulla fede
Baha’i, pubblicati postumi nel 1991), Bausani come già ricordato
in una scheda precedente fu
grande cultore di interlinguistica ed esperantologia (si ricorda il suo
saggio Le lingue inventate.
Linguaggi artificiali, linguaggi segreti, linguaggi universali,
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974), e autore del significativo articolo L’esperanto, una lingua che funziona,
“Affari Sociali Internazionali” 1 (1981), ristampato in “L’esperanto” 3
(1982), pp. 32-36.
Il legame fra Baha’i ed esperanto è ancor più significativo nel caso di Lidia Zamenhof (1904-1943), una delle figlie di Ludwig che, educata ai principi dell’Homaranismo, imparò da autodidatta la lingua internazionale all’età di nove anni; più tardi, toccata dalla violenza della Prima guerra mondiale e dalla sorte degli ebrei polacchi, si attivò nella comunità esperantista per diffondere il più possibile gli ideali homaranisti. Il suo biografo, I. Dratwer (Lidia Zamenhof. Vivo kaj agado, la Laguna, Antwerp 1980: p. 102) così la descrive: “Noi giovani esperantisti eravamo soliti dire che Lidia Zamenhof aveva solo un amante, che è la lingua esperanto!”. Nel 1925, a Ginevra per partecipare al Congresso esperantista, si avvicinò al movimento Baha’i, ne conobbe i principî e soprattutto Marta Root, giornalista statunitense che li stava diffondendo in tutto il mondo. Dalla loro frequentazione (nel 1926 Marta pronunciò un discorso commemorativo all’inaugurazione del monumento eretto a Zamenhof a Danzica) ebbe origine la sua conversione alla fede Baha’i, da lei così descritta:
Mi sembra che l’esperanto sia una scuola nella quale i Baha’i possono educare loro stessi. Il movimento Baha’i è un passo avanti, è più grande. (…) Nell’insegnamento di Baha’u’llah ho trovato l’universalità che solo l’insegnamento veramente dato da dio può dare all’umanità che ricerca. È per questo che mi ha attratto dall’inizio.
Coltivando rapporti sempre più stretti e intensi con la fede Baha’i,
Lidia aprì numerose classi di esperanto per bambini e ragazzi a
Varsavia, promuovendo seminari universitari e pubblicando articoli su
giornali e riviste. Tra il 1931 e il 1933 la “figlia dell’esperanto”
(come veniva chiamata) collaborò alla terza edizione della Enciklopedio de Esperanto (I ed.
Bucarest 1914), all’organizzazione del 19° Congresso universale di
esperanto a Oxford, e tradusse in lingua internazionale un testo di
Baha’u’llah (Kitab-i-Iqan, il
“Libro della Certezza”) e i discorsi tenuti a Parigi nel 1911 da
Abdu’l’baha. Negli anni successivi viaggiò moltissimo in tutto il
mondo, contribuendo grandemente alla fratellanza fra i due movimenti, e
la sua opera quasi missionaria fu fermata solo dalla follia nazista: arrestata nel 1940, la
famiglia Zamenhof venne prima confinata nel Ghetto di Varsavia, e poi
inviata nel campo di sterminio di Treblinka, dove Lidia trovò la morte
nel 1943. Shogi Effendi, nuova guida del movimento Baha’i, scrisse in
suo ricordo:
I suoi servizi, la sua tenacia, la modestia e la devozione incrollabile manterranno sempre vivo il suo ricordo.
Ricordiamo, a conclusione, che oggi esiste anche una Baha’i Esperanta Ligo (BEL: “Lega
Baha’i Esperantista”) [> 79;
111], fondata nel 1972 a
Portland (Oregon, USA) durante il cinquantasettesimo Congresso
Universale di Esperanto. La Lega vuole incoraggiare i rapporti tra i
due movimenti in tutto il mondo; nel 1981 è stata riconosciuta dall’ONU
tra le assemblee che hanno il merito di aver promosso la pace e la
fratellanza all’umanità tutta. La Baha’i non è del resto l’unica
religione che si appoggia all’esperanto come veicolo di un
universalismo anche spirituale: ricordiamo qui solo brevemente la fede
Oomoto, di derivazione shintoista, per la quale rimandiamo al sito
ufficiale http://www.oomoto.or.jp/English/index-en.html (che
ha anche una versione in esperanto: http://www.oomoto.or.jp/Esperanto/index-es.html)
e alla pubblicazione di Leif Nordenstorm, Ômotos mission på esperanto, Eldona
Societo Esperanto, Stockholm 2002 (full text scaricabile da http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:uu:diva-1932).
Le informazioni e le citazioni di questa scheda sono dovute alla tesi
di laurea di Anna Rondelli, Baha’i
ed esperanto: alla ricerca della lingua universale (Università
di Parma, a.a. 2010-11, relatore prof. D. Astori, correlatrice prof. M.
Bonvicini), che è risultata vincitrice dell’edizione di quest’anno del Premio Canuto per le tesi in
interlinguistica ed esperantologia. Ad essa si rimanda per ogni
ulteriore approfondimento e indicazione bibliografica, nel segnalare
anche il sito web della comunità Baha’i italiana: http://www.bahai.it.
L'immagine di Bausani è da Wikipedia, quella di L. Zamenhof da http://www.bahai.org.pl/kraj/127-spotkanie-bahaitow-i- esperantystow.