[123] Ivo Lapenna  

 

Nella storia del movimento esperantista la persona che, dopo Zamenhof, ha lasciato più profondamente la propria impronta è Ivo Lapenna (1909-1987). Questa impronta è dovuta da un  lato alle sue capacità organizzative, dall’altra alla sua coerenza ideologica, che lo aveva portato a dare una propria interpretazione alla storica interna ideo intuita da Zamenhof, sintetizzandola nelle due espressioni complementari: “humaneca internaciismo” (“internazionalismo umanitario”) e  “aktiva neŭtraleco“ (“neutralità attiva”): per lui il movimento esperantista deve rappresentare un internazionalismo che salvaguardi i valori umani, e rimanere neutrale rispetto a tutte le opinioni (politiche, religiose ecc.) che non contrastino con questo principio. Alla luce di questi principi di base si possono ripercorrere i suoi sessant’anni di vita esperantista (aveva imparato l’esperanto nel 1928, quando era studente di Legge all’Università di Zagabria).

Ivo Lapenna fu sempre un convinto finvenkisto, ed era altresì convinto che questa “vittoria finale” si potesse raggiungere solo avendo alle spalle un’organizzazione che fosse efficiente e rispettata dal mondo esterno. Già nel 1928 fondò un circolo esperantista nella sua università, nel 1929 fondò la Lega degli Studenti Esperantisti (STELO), nel 1937 divenne presidente della Lega Esperantista Jugoslava e nel 1938 entrò nel direttivo della Internacia Esperanto-Ligo (IEL), che riuniva le diverse associazioni esperantiste nazionali. Dopo la guerra, lasciata una brillante carriera accademica in Jugoslavia per ragioni politiche e trasferitosi in Inghilterra, dove divenne professore di Diritto Internazionale alla London School of Economics, continuò a rimanere nel direttivo della IEL, che nel 1947 si era fusa con l’altra organizzazione esperantista su scala mondiale, la UEA, assumendone il nome, che aveva una tradizione storica di più lunga data. Questa fusione dava finalmente vita a una struttura che poteva rappresentare il movimento esperantista, però  occorreva migliorare la sua efficienza, incrementarne il numero di soci e  farle acquistare prestigio. Per questi scopi Lapenna lavorò senza sosta, rimanendo nel direttivo prima come responsabile dell’informazione, poi come segretario generale (dal 1955) e infine come presidente (dal 1964 al 1974).

Nel 1950 intraprese un viaggio fra cento gruppi esperantisti dell’Europa occidentale, per motivarli alla nuova missione dell’UEA e per stimolarli a incrementare il numero di soci, tenendo  al contempo conferenze sull’esperanto rivolte al pubblico esterno, che intendevano essere un modello di comunicazione. Nel 1952 fondò il Centro de Esploro kaj Dokumentado pri la Monda Lingvo-Problemo (CED, “Centro di ricerca e documentazione sul problema linguistico mondiale”), con lo scopo da una parte di raccogliere documenti sull’uso dell’esperanto e sulle difficoltà o sulle disparità create dai tentativi di risolvere il problema linguistico senza una lingua neutrale, e dall’altra di emettere per il mondo esterno notiziari sull’argomento, che avessero una validità scientifica e potessero essere apprezzati dal mondo della cultura.

Ancora nel 1952 lanciò una grande campagna di raccolta di firme per una petizione a sostegno dell’esperanto, da presentarsi all’ONU: furono raccolte circa un milione di firme individuali e l’adesione di 492 società con 15 milioni di membri. Alla fine del 1954 Lapenna si recò a Montevideo, dove si teneva la Conferenza Generale dell’UNESCO, con l’aiuto degli esperantisti locali preparò un’esposizione sull’esperanto in un luogo facilmente accessibile ai delegati UNESCO e si adoperò per convincere una delegazione nazionale a presentare una risoluzione che recepisse i desiderata della petizione presentata. La delegazione che raccolse l’iniziativa fu quella messicana; il risultato fu la “dichiarazione di Montevideo”, a cui fece sèguito l’accettazione dell’UEA fra gli enti in rapporti consultivi con l’UNESCO e con l’ONU: erano i riconoscimenti desiderati per consolidare il prestigio dell’UEA in campo internazionale. Seguì nel 1959 l’inserimento di Zamenhof (nel centenario della nascita) fra i personaggi di rilievo nella storia dell’umanità da parte dell’UNESCO, e nel 1961 l’acquisizione dello status “B” nella gerarchia dei rapporti consultivi. In quell’anno l’UNESCO lanciò la campagna “Riconoscimento Reciproco dei Valori Culturali dell’Oriente e dell’Occidente”, e  l’UEA  vi aderì con la collana di volumi Oriento-Okcidento, traduzioni in esperanto di opere letterarie di entrambe le culture.

In quell’epoca l’iniziativa di Lapenna portò due risultati importanti sul piano organizzativo interno all’UEA. Nel 1956 furono enunciati, in un convegno a cui parteciparono tutte le più importanti associazioni nazionali, i cosiddetti “Principi di Frostavallen”, linee guida per un’informazione corretta sull’esperanto al pubblico esterno (da notare le raccomandazioni di non parlare più di “propaganda” e di non assumere atteggiamenti settari).  Nel 1957 i giovani esperantisti, che erano organizzati nella TEJO, confluirono  nella UEA, ricevendo una riduzione della quota, l’istituzione dei “delegati giovanili” e una rubrica costante nell’organo Esperanto.

Per aumentare il prestigio dell’UEA nel mondo culturale, il CED, citato sopra, lanciò nel 1968 la rivista “La Monda Lingvo-Problemo” {“Il problema linguistico mondiale”}, con articoli in esperanto e in altre lingue; tuttavia fu possibile darle una maggiore visibilità nel mondo culturale soltanto nel 1977, quando intervenne come editore una casa editrice già affermata, la quale le diede il nome “Language Problems and Language Planning”, mantenendo un direttore esperantista e la possibilità di ospitare articoli e riassunti in esperanto.

Continuarono anni di intensa attività, che però portarono da una parte a problemi finanziari, dall’altra a conflitti con altri dirigenti dell’UEA che avevano visioni diverse sul futuro da dare all’associazione. Nel 1974 Lapenna rinunciò a candidarsi per la presidenza dell’UEA, attribuendo il proprio gesto all’esistenza di un complotto di “comunisti” che volevano impadronirsi dell’esperanto, lasciò l’associazione e fondò in competizione il “Neŭtrala Esperanto-Movado” (NEM, Movimento Esperantista Neutrale), sperando che molti lo avrebbero seguìto in questa secessione, cosa che non avvenne; il NEM organizzò convegni, pubblicò una rivista col titolo “Horizonto” {“Orizzonte”}, e si sciolse poco tempo prima della morte del suo fondatore, quando le polemiche ideologiche con l’UEA si andavano spegnendo.


Ivo Lapenna era un oratore brillantissimo. Molti ricordano con commozione suoi discorsi in varie occasioni, e in particolare le sue prolusioni a congressi mondiali di esperanto; alcune di queste sono raccolte in un CD. Scrisse molte opere sul dritto internazionale in diverse lingue; in esperanto, oltre a centinaia di articoli, lascia quattro opere importanti: Retoriko (“Retorica”, manuale per aspiranti oratori, pubblicato nel 1950 e rivisto nel 1971, tradotto in giapponese nel 1974; va ricordato che per sua iniziativa nei congressi mondiali di esperanto si svolgono concorsi fra giovani oratori); Aktualaj Problemoj de la Nuntempa Internacia Vivo (“Problemi attuali della vita internazionale odierna”, 1952), Elektitaj Paroladoj kaj Prelegoj (“Discorsi e Conferenze scelti”, 1966), Esperanto en Perspektivo (“L’esperanto in prospettiva”, ampia storia del movimento esperantista, della sua organizzazione e della sua cultura, con considerazioni sui possibili sviluppi, in collaborazione con Ulrich Lins e Tazio Carlevaro, 1974).






 

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