[117] Lingvoj
artefaritaj
Le citazioni saussuriane relative all’Esperanto, di cui abbiamo parlato a proposito del dibattito sulle lingue internazionali e ausiliarie, si inquadrano in un milieu culturale più generale che, sviluppatosi a partire dal sec. XVII, mostra un profondo interesse per le tematiche relative alla definizione e al valore di una lingua internazionale.
Tralasciando esperienze precedenti, anche significative, quali – per fare un solo esempio particolarmente pregnante – la lingua di Utopia, mitica isola descritta da Thomas More nel suo libro del 1516, che hanno valenza filosofica e non di compiutezza linguistica, che rimangono imprescindibili per ricostruire il più generale humus culturale, dalla famosa lettera del 20 novembre 1629 all’abate Mersenne, prima riflessione più compiuta sul problema delle lingue pianificate, al Novae harmonicae linguae tentamen primum di Jan Amos Komenský (Comenio), i progetti di lingue pianificate hanno raggiunto a oggi, fra altalenanti fortune e profondi scetticismi, forse il migliaio.
Allo stesso 1879, anno di presentazione del Volapük (progetto dell’abate Johann Martin Schleyer che attrae immediatamente l’interesse dei linguisti, non ultimo di Hugo Schuchardt, che nel suo Auf Anlaß des Volapüks [Berlin 1888] lo difenderà dai pregiudizi subito emersi relativamente all’artificiosità derivante dalla pianificazione) si fa risalire la nascita della moderna interlinguistica, brillantemente definita da A. Martinet “the heterodox branch of linguistics”. Nello stesso periodo la storica American Philosophical Society, fondata da Benjamin Franklin nel 1743, si pone il problema di una lingua universale: nel 1887 fonda un Comitato che, partito con l’intento di soppesare il valore scientifico della ‘creatura’ dello Schleyer, si pronuncia invece, due anni più tardi, in favore proprio dell’Esperanto.
Al volgere del secolo il mondo vive un momento di grande fermento, pervaso di ottimismo e positività: nel 1900 si fonda l’Association internationale des Académies, mentre il telefono e il telegrafo iniziano una prima sorta di globalizzazione, almeno nell’ambito della comunicazione. Uno scritto come The Wonderful Century, del biologo darwinista Alfred Russel Wallace, è indicativo, nel 1898, del clima di debordante entusiasmo verso il progresso che informa gli inizi del Novecento. All’Esposizione Universale di Parigi, quella in cui si celebra l’elettricità come la nuova energia misteriosa, materialmente e simbolicamente indice del trionfo illuminista della luce sulle tenebre, Alexandre Millerand, ministro del commercio, affermerà:
In questo secolo che sarà ‘mondiale’ già agli occhi dei contemporanei,
in una sorta di globalizzazione ante
litteram che avrebbe dovuto guadagnare all’umanità la pace
universale e un ritorno (se non, meglio, un raggiungimento) all’età
dell’oro (basti pensare allo spirito e agli intenti delle conferenze
dell’Aja), l’idea che l’uomo possa vincere la natura certo influirà
anche sulla visione linguistica, aprendo all’accettazione delle diverse
forme di pianificazione.
Il 17 gennaio 1901 viene fondata a Parigi, a seguito della Exposition che aveva pure sensibilizzato al problema della comprensione internazionale, la Délégation pour l’adoption d’une langue auxiliaire internationale, per propugnare l’idea di una lingua ausiliaria internazionale e determinarne i criteri. Nel 1907 il Comitato direttivo di detta Délégation (cui prendono parte linguisti del calibro, fra gli altri, di Jespersen, De Courtenay, Schuchardt, Ostwald e, almeno epistolarmente, Meillet) riconosce la validità dell’Esperanto, anche se in forma revisionata, per finire poi con lo sciogliersi, dopo un lungo e travagliato dibattito interno, a seguito di contrasti intestini, per votazione del 16.10.1910.
Parallelamente alla commissione della American Philosophical Society e al riconoscimento dell’importanza del problema della lingua universale da parte di altre realtà internazionali (dall’International Research Council, con sede a Bruxelles, alla British Association for the Advancement of Science), un ruolo particolarmente significativo si guadagnò, a iniziare dagli Anni Venti, l’International Auxiliary Language Association (IALA), che opererà dal 1924 al 1953: l’idea di creare un’organizzazione di carattere internazionale specificamente mirata allo studio delle problematiche relative alla ricerca di una lingua mondiale nasce nel gruppo di lavoro del Prof. Wilhelm Ostwald, all’Università di Leipzig, con forte impulso in particolare dell’americana Alice Vanderbilt-Morris. Finalità prima del movimento interlinguistico è l’establishment di una lingua sintetica come lingua seconda per il mondo intero e come comune rimedio nello scambio di informazioni e nella diffusione delle conoscenze fra gli uomini con lingue materne diverse.
La sensibilizzazione al problema di una lingua comune si fa nel primo quarto del secolo così forte che la Società delle Nazioni arrivò addirittura a discutere un ordine del giorno (il 20 settembre 1924) che avrebbe dato all’Esperanto un riconoscimento di tutto rilievo.
Numerosissime, a sottolineare l’interesse per la questione, sono nel tempo le proposte di lingue artificiali, di cui proponiamo una carrellata, senza alcuna velleità di esaustività: l’Idiom Neutral di Rosenberger (1898), la Langue Universelle di Menet (1886), il Bopal di De Max (1887), lo Spelin di Bauer (1886), il Dil di Fieweger (1893), il Balta di Dormoy (1893), il Veltparl di von Arnim (1896), la Lingua European di Bonto van Bijlevelt (1898), la Langue Bleue di Léon Bollack (1899-1900), il Latino sine flexione di Giuseppe Peano (1900) – al cui riguardo si segnala il recentissimo Congresso internazionale di studi “Giuseppe Peano e la sua Scuola fra matematica, logica e interlingua”, 2-7 ottobre 2008, Accademia delle Scienze-Archivio di Stato, Torino –, l’Occidental di Edgar de Wahl (1922). In L. Couturat–L. Leau, Histoire de la langue universelle, Paris 1903 si registrano e trattano 38 fra sistemi a posteriori e misti, numero che aumenta nel successivo L. Couturat–L. Leau, Les nouvelles langues internationales, Paris 1907.
Studiosi di spessore internazionale si interesseranno di lingue pianificate: da Jan Baudouin De Courtenay (allora professore di Linguistica all’Università di Pietroburgo, prende posizione sul tema nel giugno 1908 in un articolo per la rivista Pola Esperantisto) a Edward Sapir, da Otto Jespersen (che, nel suo Eine Internationale Sprache, Heidelberg 1928, presenta il Novial, e nel 1909 presiederà per primo la ginevrina “Accademia idista”) al sanscritista e comparatista Max Müller (le Vorlesungen über die Wissenschaft der Sprache del 1863 hanno influenzato lo scrittore romantico Edward G. Bulwer Lytton, in particolare nell’ideazione della lingua Vril nel romanzo The coming race del 1871), che dichiarerà di prediligere l’Esperanto ai suoi concorrenti, a Mario Pei, o ancora, in Italia, dal giovane Graziadio Isaia Ascoli ad Alessandro Bausani.
Si segnala il sito http://www.geocities.com/athens/forum/5037/ dedicato alle International Auxiliary Languages, dove sono raccolti articoli (spesso di difficile reperimento) di alcuni dei linguisti menzionati sopra.
L'immagine è da Wikipedia, http://nov.wikipedia.org/wiki/File:Volapük_Symbol.jpg.